I Maestri della fotografia: VIVIAN MAIER

Vivian Maier nasce a New York nel 1926 da genitori di origine europea (padre nato in America da genitori austriaci e madre francese) e vive tutta la sua vita celando il suo immenso talento fotografico.

Dopo pochi anni dalla sua nascita i suoi genitori si separano e lei rimarrà con la madre Maria Jaussaud. In seguito andranno ad abitare da una amica della madre, anch'essa francese, Jeanne Bertrand, che era già una fotografa apprezzata, la quale trasmise la sua passione prima alla madre Maria e poi alla stessa Vivian Maier. Nel 1932 madre e figlia, insieme all'amica Jeanne si trasferiscono in Francia, nel piccolo paesino in Provenza da dove veniva la madre, San Julien en Champsaur.  Alcune foto fatte dalla madre testimoniano quegli anni vissuti in Francia. Nel 1938  tornano negli Stati Uniti.

Dopo la seconda guerra mondiale, all'età di 25 anni Vivian Maier torna nel paesino francese per la vendita di una proprietà; ne approfitta per scattare delle foto a parenti e luoghi d'infanzia. Dalla vendita di quella proprietà, una volta tornata in America, si dice che Vivian poté comprarsi una macchina fotografica professionale, una delle migliori, la Rolleiflex con la quale viaggiò per un po' in Nord America scattando parecchie foto.

Finito il tour comincia a guadagnarsi da vivere facendo la bambinaia. In seguito si trasferisce a Chicago, occupandosi dei figli di alcuni ricchi signori e nel tempo libero continua a dedicarsi alla fotografia.

Può essere definita senza ombra di dubbio la pioniera della street photography 

(quando lei scattava non era ancora stato coniato il termine).Considerando il gran numero di autoritratti può anche essere considerata una pioniera dei selfie.  La caratteristica principale delle sue foto di autoritratto è quella che la vede ritratta quasi sempre con lo sguardo non rivolto verso l'obiettivo. Inoltre la si vede spesso riflessa attraverso una superficie riflettente, quale una vetrina di un negozio o uno specchio. In alcuni casi si vede solo l'ombra della sua sagoma.

Mentre si trovava presso una famiglia di Chicago, i Gensburg, dove prestò servizio per 17 anni, ebbe modo di farsi temporaneamente sostituire per trascorrere 6 mesi a giare il mondo da sola; visitò Thailandia, India, Filippine, Yemen, Egitto, Italia ed infine tornò in Francia, dove per l'ultima volta tornò a Champsaur.

Finito il viaggio tornò a Chicago dai Gensburg dove lavorò come bambinaia fino a che i bimbi non divennero troppo grandi. Quando lasciò questa casa, dove si era creata una sua camera oscura, smise pure di sviluppare i suoi negativi e passò alla fotografia a colori, usando una Leica ed una Kodak.

Cambiarono le foto, dal bianco e nero ai colori, e cambiò la macchina fotografica ma non il suo stile. Quel suo stile austero e pulito e ricco di umanità la accompagnò per tutta la sua vita. Quando era una cinquantenne le venne a mancare la madre, ma gli affetti delle persone dove aveva lavorato e la sua passione per la fotografia non la lasciarono mai sola.

Nel 1987 quando si trasferì nella casa di un'altra famiglia (gli Usiskin) dove andò a lavorare si presentò con una infinità di scatoloni contenenti le sue migliaia di rullini ed alcune stampe, che ripose in un box. Successivamente, fino al 1993 si occupò amorevolmente di una ragazza affetta da disabilità mentale. In questo periodo i circa 200 scatoloni contenenti tutto il suo vasto archivio fotografico vennero trasferiti in una piccola proprietà appartenente al suo datore di lavoro. 

Negli anni seguenti, con l'avanzare dell'età, Vivian incontrò dei problemi finanziari e tutti i suoi scatoloni, alla fine, trovarono la loro collocazione in un box in affitto. Verso la fine degli anni 90,  i fratelli Gensburg, ormai adulti, si presero cura di lei e la fecero traferire dal piccolo appartamento in cui stava  la portarono in un delizioso appartamento a  Rogers Park.

Nonostante le amorevoli attenzioni e le cure ricevute dai fratelli Gensburg, il 21 Aprile 2009, dopo un duro colpo alla testa subito in una banale caduta sul ghiaccio avvenuta l'anno prima, Vivian Maier muore.

Nel frattempo John Maloof era venuto a conoscenza da circa due anni del talento di Vivian Maier senza aver avuto l'opportunità di conoscerla. Nel 2007 infatti, il box dove era contenuto tutto l'archivio di Vivian era stato messo all'asta per degli affitti non pagati, all'insaputa sia della Maier che dei fratelli Gensburg che quindi non poterono far nulla.

Nel 2007 John Maloof, di professione agente immobiliare, stava scrivendo un libro per dare il giusto risalto all'area Nord-Ovest della città di Chicago, troppo spesso ignorata e snobbata.

Questi, alla costante ricerca di materiale interessante da pubblicare, si mette alla ricerca di immagini vintage e quasi per caso trova in una casa d'aste una delle scatole di negativi di Vivian Maier e li acquista tutti.

Si tratta per ora di una piccola parte del vasto archivio pignorato della Maier. Tutte le immagini raccolte furono pubblicate l'anno dopo in un libro Portage Park, Image of America, dallo stesso Maloof e da Pogorzelski.

Rapito dal fascino delle fotografie di Vivian Maier, così come scriveva Marvin Heifermann, (vedi sotto)  si mette prima ad emularla, scattando come lei per le strade di Chicago e sviluppando in proprio i negativi; si iscrive addirittura ad un corso di fotografia, e successivamente si propone di ricostruirne l'intera esistenza.

“Seppur scattate decenni orsono, le fotografie di Vivian Maier hanno molto da dire sul nostro presente. E in maniera profonda e inaspettata. Molti di noi condividono il suo stesso desiderio e il suo impulso di fare fotografie – e grazie alla tecnologia digitale a nostra disposizione, oggi lo possiamo fare. Se con Facebook, Flickr, e Istangram, oggi siamo in grado di produrre immagini e con un semplice click proiettarle in tutto il mondo, l’innegabile talento di Vivian Maier, abbinato al fermo proposito di mantenere la propria attività di fotografa come una questione privata, ci affascina e al tempo stesso ci confonde. Non può però sorprenderci: in un’epoca in cui la fotografia viene ridefinita, cambiano anche gli autori che troviamo più interessanti e stimolanti. Proprio come Maier, noi oggi non stiamo semplicemente esplorando il nostro rapporto col produrre immagini ma, attraverso la fotografia, definiamo noi stessi.” Marvin Heifermann

In pochi anni, mosso da grande desiderio e lodabile caparbietà, Maloof riesce nell'impresa di recuperare il 90% del materiale prodotto in una vita da Vivian Maier; si tratta di un tesoro composto da circa 3000 stampe, alcune registrazione e altre pellicole contenenti dei film ma sopratutto circa 150000 negativi.

Nel 2013 Maloof girò anche un documentario,"Finding Vivian Maier"  grazie all'aiuto delle famiglie dove ella lavorò per diversi anni, venendo in possesso di ritagli di giornali, corrispondenza ed altri effetti personali che gli permisero di ricostruire la vita di Vivian Maier;  e due anni dopo realizzò e pubblicò on line il sito www.vivianmaier.com

Il fatto che sia stata scoperta dopo la sua morte, e solo per caso, non fa che aumentare il rammarico per non aver avuto il giusto riconoscimento che meritava in vita. E nessuno di noi potrà mai sapere perché fu pignorato il suo box visto che Maloof, tra i suoi effetti personali ritrovò pure diverse ricevute di rimborso del fisco mai riscossi. Certo è che è stata una gran fortuna per tutti noi che alla fine il suo talento sia, quasi per caso, venuto alla luce.

"Fotografa non solo quello che vede, ma come lo vede. Ed è questo che fa grande un fotografo: fotografare il proprio sguardo, anche se poi l’oggetto è una donna con la veletta, un uomo che dorme sulla spiaggia, una serie di ombre sulla strada, gente comune sui marciapiedi, edifici delle città. Vivian coglie sempre dei particolari, dei dettagli (le gambe delle persone, un gesto, le teste viste da dietro), e trasforma la parte in un tutto.

Quale «tutto»? L’umanità delle persone, e persino quella dei luoghi. L’umanità non è una qualità che si fotografa facilmente, perché nonostante tutto si sottrae quasi sempre, e se appare, è artefatta, in posa, innaturale (e ci sono fotografi specializzati in questo, come Martin Parr). L’umanità di Vivian Maier le assomiglia, è in definitiva la sua umanità, qualcosa d’imprendibile e di labile a un tempo, per quanto non c’è nessuna delle foto che ha scattato che non contenga qualcosa di memorabile. Questo perché la tata di Chicago ha un innato senso della forma. Se si prova a tracciare con una matita il contorno delle persone che fotografa, individui o gruppi, si colgono bene le masse, gli ingombri dei corpi, la loro disposizione: sono tutti in equilibrio, un equilibrio instabile. Colti al volo, di passaggio, eppure fissati per sempre". Marco Belpoliti

Nelle sue foto è possibile cogliere il marginale, quello che non si vede, il senso lato del soggetto o della scena.

Lei è una street photographer, lei eccelle in questo genere; lei lo ha dominato, con nettezza, quando ancora nessuno aveva dato un nome a questo genere fotografico.

Lei sa cogliere la magia del momento, e lo fa con il suo occhio femminile, con la sua immensa umanità, lo fa con coraggio. E non c'è mai compassione nei suoi scatti. 

Ma perché non ha mai pubblicato le sue foto? E perché non ha mai sviluppato migliaia di rullini da lei prodotti? Perché ha privato se stessa ed il mondo intero del suo lavoro, del suo talento, della sua passione? Era indifferente al suo lavoro, alla sua passione? 

O se n'è andata prima di compiere il suo perfetto piano finale?

Di lei ci rimarranno, per fortuna, il suo punto di vista ed il suo enorme talento; per sempre.

"Oggi tutti sanno scrivere e leggere, ma non sono aumentati i poeti.  La fotografia è l'arte in cui tutti pensano di essere bravi, perché è più facile fotografare che parlare e scrivere, così si sentono tutti un po' artisti. Io trovo sia fantastico, quest'arte così democratica". E' chiaro però, sottolinea Toscani, che "non è più sufficiente fare fotografie per essere un fotografo", e spiega: "Una matita ce l'ha in mano un analfabeta e scrive quattro crocette, ce l'ha in mano Einstein e scrive la legge della relatività".

 Vivian Maier era Einstein.

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